I capricci sono emozioni incomprese che parlano una lingua non sempre capita. Questo provoca ancora più fastidio e frustrazione, sia nel bambino che nell’adulto. Capire e tradurre il capriccio aiuta a gestirlo e risolverlo in fretta, senza lasciare strascichi emotivi e conflitti irrisolti che alimentano fatica e rancori. Scopri come!
Perché il “capriccio” indispone tutti?
Il rifiuto di una caramella al supermercato non è una tragedia per nessuno, tantomeno per noi genitori. Quello che ci fa agitare è la modalità di reazione sproporzionata alla situazione e il fatto che questa manifestazione smonta, drasticamente, l’immagine idilliaca di famiglia perfetta che abbiamo nel nostro immaginario. E ci mostra nudi, nella nostra fragilità, di fronte agli altri, spettatori giudicanti del capriccio.
I motivi per i quali i capricci ci infastidiscono tremendamente e ci toccano le corde più sensibili sono:
- non riuscire a capire la causa di queste reazioni così intense e, se le capiamo, le consideriamo completamente sproporzionate. Questa difficoltà di comprensione ci rende frustrati e nervosi;
- la possibilità che la “sceneggiata” possa essere osservata e giudicata da chi ci è accanto;
- l’evento “sgretola” il mito della famiglia e del figlio perfetti che avevamo, irrealisticamente, stampato nel nostro cuore;
- rivedere spesso nei nostri figli e nelle loro reazioni noi stessi da piccoli, queste reazioni riaccendono la memoria di eventi ed emozioni passati, irrisolti o incompresi e che magari ci trasciniamo ancora oggi nel cuore e che ci fanno stare male
“I bambini ci fanno da specchio e questo è un dato di fatto spietato che non ci dà tregua.”
I capricci: emozioni incomprese
Il termine “capriccio del bambino” mi fa venire in mente il termine “colica del neonato”, un termine nel quale racchiudere tutte quelle manifestazioni che di fatto non capiamo e che ai nostro occhi non hanno un senso.
Quando il neonato piange, di sera, apparentemente senza motivo, diventando tutto rosso, inarcando la schiena e tirando le gambine, la chiamiamo colica anche se colica reale non è, o almeno non sempre.
In realtà, sia la colica del neonato che il capriccio del bambino non sono altro che termini generici per indicare una serie di manifestazioni che, pur avendo un significato e un senso ben preciso, l’adulto generalmente non capisce!
“I capricci del bambino sono come le coliche del neonato: incomprese!”
Il neonato che “ha una colica” la maggior parte delle volte si calma se attaccato (il prima possibile) al seno o portato addosso in fascia.
Aspettare troppo fa cadere il bambino in uno stato di nervosismo eccessivo che si auto-alimenta in un escalation non semplice da fermare. Il bisogno reale del bambino, in quel caso, è il contatto fisico prolungato con la mamma, e/o la suzione frequente al seno (tipica delle ore serali).
Allo stesso modo, il bambino che “fa un capriccio” la maggior parte delle volte è un bambino che esprime un disagio, quasi sempre una emozione “negativa”, di fronte a situazioni chiare: rabbia, frustrazione, stanchezza, fatica fisica, gelosia, competizione.
Solo che non lo capiamo e questo genera ulteriore frustrazione e aumenta la rabbia reciproca.
Se riusciamo a capire l’emozione che sta dietro al “capriccio” e quindi il motivo che lo ha provocato è molto più semplice farvi fronte e aiutare il bimbo stesso a gestirsi meglio.
Capricci: se li capisci, li risolvi o li previeni!
Immaginati un bambino di 2 anni urlante, rosso in volto, che batte i pugni sul tavolo. Cosa ti fa venire in mente? Cosa pensi stia accadendo? Proviamo a individuare due diversi scenari.
Scenario A
Ti ha chiesto un cioccolatino appena prima di cena e tu glielo hai negato. Il bambino si arrabbia, si sente frustrato, pensa di aver diritto a un cioccolatino, ha fame e lo ha trovato sulla mensola della cucina, lo vuole e non può averlo. E’ facile immaginare cosa stia succedendo ed è facile dare un nome ben preciso alla situazione.
Dovrebbe quindi venir semplice dire: “ Mio figlio è arrabbiato e frustrato perché non gli ho concesso di mangiare un cioccolatino prima di cena”, piuttosto che dire “Sta facendo i capricci”.
Scenario B
Immaginati adesso una scena diversa: lo stesso bimbo sta giocando con una bambola e una coperta. Lo vedi distrattamente impegnato a mettere e togliere la coperta sul tavolino, poggiare la bambola sopra e sotto la coperta, è impegnato, silenzioso assorto e concentrato sulla sua azione.
Non capisci bene cosa stia facendo e cosa vuole ottenere ma vedi che l’impegno è massimo. Dopo un po’ ti allontani, prepari la cena e non lo osservi più. Tempo 5 minuti lo senti innervosirsi, mugugnare qualcosa, iniziare a urlare piangere, lo vedi diventare rosso, gettare copertina e bambola per terra e sbattere i pugni sul tavolo.
E’ lo stesso bambino di prima che fa la stessa cosa descritta prima eppure tu qui non capisci cosa succede. Non hai visto la scena, non hai capito cosa stava facendo e cosa voleva fare. Lo vedi solo urlare e buttare tutto in aria e ti dici “Sta facendo i capricci”!
Capisci cosa intendo?
“Il capriccio nasconde sempre una motivazione, così come la colica del neonato, il problema sta nel capirla e nel riconoscerla come legittima”
Se dici: “Mio figlio è arrabbiato e frustrato perché non gli ho concesso di mangiare un cioccolatino prima di cena” riconosci una motivazione valida a un certo comportamento, legittimi l’emozione e la manifestazione fisica che ad essa si accompagna e puoi attivare una strategia di reazione e di risposta adeguata.
Se invece dici: “Mio figlio fa i capricci” è praticamente impossibile trovare una motivazione legittima e quindi una risposta adeguata. Entri in una situazione di empasse emotiva che ti rende frustrata e quindi ancora più arrabbiata e innervosita.
Pensi che il tuo bambino ce l’ha con te, che ti sta sfidando, che vuole prevaricare la sua volontà sulla tua per il solo gusto di mettersi alla prova. Quasi mai avviene davvero così.
“Il capriccio è spesso un comportamento incompreso, letto con i filtri del nostro passato, con gli occhiali dei nostri vissuti e dei nostri comportamenti impulsivi appresi da bambini”
Per intenderci, la stessa “scena” provoca reazioni diverse in tutti coloro che la stanno osservando e questa differenza proviene spesso dalle aspettative e dai vissuti personalissimi che ci portiamo dietro.
Il capriccio è intenso, forte, sproporzionato, epocale! Altrimenti non si chiamerebbe così e avrebbe altre considerazioni. La caratteristica peculiare del capriccio è proprio questa “teatralità” e questo tempo apparentemente “lunghissimo” di risoluzione.
Ma perché si esprime così? Abbiamo sbagliato qualcosa?
In generale il “capriccio” ha queste manifestazioni per il semplice fatto che, essendo un’emozione incompresa, scatena reazioni ancora più forti e intense di quanto normalmente già sono le emozioni.
Nei bambini ancora di più, perché nei bambini tutte le emozioni sono sempre molto forti, si esprimono con tutto il corpo, scatenano grandi reazioni fisiche e comportamenti vistosi.
Saltare di gioia, battere i piedi per terra per la rabbia, urlare piangendo, singhiozzare ininterrottamente: sono tutte manifestazioni tipiche e normalissime nel bambino piccolo che ancora non sa parlare.
“Tanto più l’emozione provata è intensa, tanto più non è compresa, tanto più viene sminuita, sottaciuta o derisa e tanto più frustrazione, e quindi comportamenti esagerati, provoca”
Il capriccio come occasione di apprendimento e crescita
Il capriccio, come tante altre manifestazioni della giornata, sono quindi una fonte di apprendimento importantissima. Sono momenti per insegnare al bambino a riconoscere e denominare le emozioni, a esprimerle verbalmente per quanto possibile, a imparare a esprimerle controllandole.
La parola infatti aiuta a limitare le reazioni emotive esclusivamente corporee tipiche dei bambini piccoli (morsi, spintoni, urla…) e man mano che il vocabolario aumenta anche il bambino impara sempre meglio a gestire e a risolvere più rapidamente il problema.
Per questo i due anni sono i momenti principali e tipici dei capricci: perché le emozioni e la consapevolezza sono quelli di un bimbetto un po’ più grande ma la parola è ancora in albore, e questo non aiuta.
“Il capriccio è una lingua non capita: traducila tu!”
Aiuta quindi il tuo bambino a verbalizzare le sue reazioni e la sua emozione, traducigliela tu in parole semplici e chiare, aiutalo a trovare una via di uscita a questo momento.
Vuoi un aiuto a tradurre questa lingua complessa?
O a fare del capriccio un reale momento di crescita e arricchimento per il tuo bambino?
O desideri comprendere meglio il tuo vissuto passato e i comportamenti impulsivi che ti porti dentro dalla tua infanzia per imparare a lasciarli andare?
Nelle mie consulenze pedagogiche possiamo vedere insieme tutti questi aspetti e molti altri per trovare strategie di soluzione o prevenzione.
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