Pallina (te la ricordi? Leggi qui) adora sentire le sue creature sulla sua pelle. Sentirne il profumo, toccargli il morbido delle guance, avviluppare il suo corpo intorno ai loro piedini.
Adora questa mescolanza di corpi e respiri. Lo ha sempre adorato, soprattutto quando la loro presenza nel lettone era funzionale al suo allattamento.
Loro dormivano, poppavano, dormivano e poppavano. E lei li osservava, persa nei loro occhi, a godersi il suono ritmato delle loro deglutizioni, come in una ninna nanna.
Pallina ha da sempre praticato il cosleeping, un po’ per desiderio, un po’ per funzionalità e lo ha sempre considerato cosa buona e giusta.
In montagna poi, nel suo ritiro estivo, ci sono i temporali notturni, forti, violenti che a volte spaccano le orecchie e fanno tremare i vetri delle finestre. E c’è buio, buio vero, quello dove a malapena si intravedono le punte dei pini mossi dal vento. E silenzio. Niente persone che passano, niente macchine, niente di niente. E la notte fa ancora più paura. E dormire tutti insieme è rassicurante, ancora più del solito.
Pallina non ha mai avuto dubbi sul cosleeping. Tranne che con i suoi figli.
Pallina in crisi per la nanna
Qui, lo ammette, ha vacillato. Ha letto tutto lo scibile sulla nanna e sui metodi concilia-sonno. Da quelli dolci (ma cosa significherà poi esattamente metodo dolce?!) a quelli più duri e crudi, i cosiddetti “metodi fascisti” usati dalle nonne di una volta senza aver mai letto nulla.
E ci ha pure pensato di sperimentarli tutti, ma sapeva già di aver perso in partenza.
I suoi figli non hanno mai dormito facilmente, a dispetto di tutto ciò che ha improntato, organizzato e realizzato per garantire loro una nascita dolce e un maternage attento.
E quando parla di dormire non si immagina la notte di bimbi immobili in lettini lontani senza mai alcun risveglio (non sarebbe fisiologico, si dice) ma una notte nella quale basta un po’ di tetta ogni tanto e poi via dritti fino al mattino.
No, quello a lei non è mai successo.
Lei ha passato “notti intere in una stanza, pregando per uscir” come direbbe Max Pezzali!
Lei li ha dovuti allattare, passeggiare, cullare, fasciare, dondolare, allattare di nuovo, far digerire, tenere dritti, tenere a destra, tenere a sinistra, girare in su e girare in giù.
E non c’è stato cosleeping o non cosleeping che tenesse, non ci sono stati metodi, rituali, schemi alimentari né qualsiasi altra parola magica che funzionasse.
Loro, semplicemente, non dormivano.
Sguardi fissi, curiosi del buio e della vita, troppo interessati per lasciarsi andare.
Interessati al seno, al dondolio, alle ninne nanne, al silenzio più totale, al buio più pesto, alla lucina sul comodino, all’immobilismo delle coperte, alla fasciatura più stretta o alla libertà più larga, al caldo e al freddo, alla vita.
“Pallina le ha provate tutte e, che lo si voglia o no, nulla ha funzionato. O meglio, nulla che dipendesse da lei”
Alla fine, se e quando dormivano, dipendeva solo da loro.
I metodi, la nanna, la vita
E ogni volta, ogni santa notte, giorno dopo giorno, anno dopo anno, la routine cambiava e si modificava ed evolveva a dispetto di qualsiasi metodo, tentativo e volontà esterna.
A volta andava in un modo, a volte in un altro.
A volte dormivano nei loro letti per ore, a volte saltellavano nel lettone con le pile super cariche, a volte gli bastava un seno o due, a volte nemmeno una latteria intera.
A volte dormivano solo con il papà, a volte solo tra di loro insieme, a volte o tutti o nessuno, per terra sul materassino montessoriano o in cima al letto a castello.
A volte a digiuno, a volte strapieni. A volte rotolando milioni di volte tra le lenzuola, a volte secchi in pochi minuti tra le braccia.
E, sempre e comunque, Pallina era lì.
Vigile, veglia, con qualche piedino incastrato nelle costole, con una manina spiaccicata sulla faccia a ostruirle il naso oppure in piedi, impegnata a scavare solchi sui pavimenti della casa, per ore e ore. Interminabili, lunghissime, massacranti ore.
Con le braccia rese insensibili dal peso macignoso di un bambino non più neonato ma ancora piccolo. Un peso che si sente tutto come si fosse appese per un dito sull’orlo di un precipizio e tutti i muscoli pesano, tirano e si tendono in uno sforzo disumano.
Perché è così che è, e non ci sono ninne nanne e poesie che tengano.
Passati i primi 20 minuti di cullamento, la poesia era andata a quel paese e le parole dolci si erano trasformate in parolacce.
E Pallina le sentiva tutte le lacrime che scendevano copiose in un moto di rabbia, di fatica immensa quando il braccio non si sente più e la schiena chiede pietà. Le sentiva scendere a riempirsi il naso senza poter nemmeno avvicinarsi a un fazzoletto.
Lacrime e muco scendevano sulla tutina del pargolo che faceva finta di dormire ma che, appena veniva appoggiato su una superficie qualsiasi, esplodeva manco fosse una bomba a orologeria.
E Pallina si domandava dove avesse sbagliato, cosa avesse fatto di male per meritarsi tutto questo. E si alzava di nuovo a ricominciare i solchi.
Perché il cosleeping non è la pancea di tutti i mali, non è la manna dal cielo e la salvezza assodata, sempre e comunque a disposizione. Il cosleeping è e rimarrà per sempre il suo credo, il suo desiderio, il suo giusto modo di rispondere alla paura dei mostri, alle fantasie notturne, al buio dell’inconscio ma Pallina ormai lo sa che la vita va così.
Ma Pallina ormai lo sa che non è tutto rose e fiori
Sa che la vita non è solo “se fai così, otterrai cosà”, “se lo tieni nel letto con te, dormirete per sempre felici e contenti”.
“Pallina ora lo sa che non è tutto così lineare, che non basta leggere tutti i libri del mondo, sperimentare tutti i metodi del mondo per ottenere ciò che si vuole”
Sempre e comunque. Perché la vita va oltre e a volte bisogna semplicemente accettare che va come va. Con i suoi drammatici alti e bassi, con i suoi momenti di sonno sereno e le sue notti di tormento. Con il dolce respiro di cuore sul cuore e con l’affanno di chi annaspa nel buio.
Non è il cosleeping il problema, né la soluzione.
Così come non lo è dormire da soli fin da subito nella culla lontani dai genitori.
Niente di tutto questo funziona o non funziona.
“Pallina non ci crede più, ai metodi dolci, ai metodi duri, ai metodi dove si piange e a quelli dove non si piange. Sono fasi, sono cicli, sono continui attimi di cambiamento e accettazione. Momenti in cui guida il genitore, momenti in cui guida il bambino.”
Momenti in cui Pallina ha insegnato loro ad addormentarsi senza essere cullati, momenti in cui se li è volentieri ripresi tra le braccia per superare febbri, tossi e incubi notturni.
Momenti in cui ha tirato troppo la corda e ha rischiato di spezzarsi e momenti in cui invece ha retto e ha trasmesso una guida per il benessere di tutti.
Momenti in cui si è lasciata andare e momenti in cui la rabbia ha preso il sopravvento.
E momenti in cui tutti hanno ripreso facilmente sonno e lei no. Lei pensava, pensava e ripensava senza più riuscire a prendere sonno.
Lo ha scoperto in seguito che l’insonnia è una condizione comune a tutte le mamme, che sono in tante a non riaddormentarsi più nonostante la stanchezza e che si alzano dal letto già sfinite, che hanno la testa in confusione, che fanno fatica, che vanno a lavorare come zombie, che non ce la fanno più.
Eppure, tutte quante si alzano e camminano in silenzio, senza raccontare i loro drammi notturni, senza proferire parola, perché tanto poi il metodo del momento non risolve proprio niente e l’unica cosa che vorrebbero è il riconoscimento intenso, forte e poderoso dell’intera comunità che le circonda,.
Mamme: le eroine di ogni mattina
Ogni mamma, al mattino, dovrebbe essere accolta come una vera eroina. Come colei che ha sconfitto la notte, colei che ha traghettato i figli al sicuro un’altra volta con la fatica e il sudore di una Lara Croft. Perché di fatto questo solo è: una eroina.
Non le servono manuali delle istruzioni, metodi da seguire con fatica e dolore. Le servono premi e riconoscimenti, orari lavorativi flessibili e qualcuno che le dia il cambio e la faccia recuperare durante il giorno.
Pallina ama e amerà sempre il cospleeping. Ama e amerà sempre i suoi figli spiaccicati su di lei. Ama il marito che il sabato mattina si tiene i pargoli e la fa dormire due ore in più ma più di tutti ha imparato ad amare se stessa e ad accettare la vita per quella che è.
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