La notte: tregua o trincea?
Le notti delle mamme altamente sensibili sono sempre intense, forse ancora più della vita diurna. E talvolta possono esserlo davvero troppo.
Il giorno è pieno di bombardamenti, di stimolazioni veloci e pressanti. Ci sono rumori continui, sbalzi termici, necessità alimentari, cose da fare… tante troppe cose sempre da fare.
Non c’è tregua.
Ci sono parole che arrivano a raffica, richieste continue da parte di chiunque, figli pressanti per il solo fatto di esistere con le preoccupazioni che generano e il carico emotivo che portano con sé.
E abbiamo le energie impegnate a mettere filtri, alzare difese, far fronte ai bisogni di tutti. Bisogni, che sempre, inevitabilmente, una persona altamente sensibile mette in primo piano. Perché ne soffre lei per prima, perché ne empatizza l’urgenza, perché non può evitare di mettersi nei panni dell’altro. Chiunque esso sia.
E la notte, quando apparentemente, tutto si placa, arriva una tregua. Ma non per lei.
Come non soccombere alle notti pieni di pensieri ed emozioni?
Una mamma particolarmente sensibile anela a quel silenzio, a quell’attimo di calma, senza rumori, senza parole, senza richiami, senza stimoli. E un’occasione di tregua e come tale andrebbe vissuta, quanto più possibile. Una tregua riempita da momenti di sonno profondo, da musica nelle cuffie, da docce liberatorie, da impasti lenti in cucina, da libri che alleggeriscono, dal nulla che riempie. Peccato che non è quasi mai così.
Una mamma altamente sensibile desiderare una tregua ma poi non è capace di godersela.
Perché il libro che legge è carico di troppe emozioni che le devastano l’anima, la cucina invita a movimenti ipnotici che liberano cattivi pensieri, la doccia diventa una cascata sotto cui dare libero sfogo alle lacrime incamerate e il silenzio rischia di scatenare preoccupazioni asfissianti.
Cara mamma altamente sensibile, non ci puoi fare nulla.
Sei fatta così. Siamo fatte così.
Aneliamo alla tregua salvo poi trasformarla in una nuova trincea di pensieri ed emozioni. Desideriamo il silenzio e poi non lo sappiamo godere. Cerchiamo la notte e poi la carichiamo più del giorno.
Ma non te ne faccio una colpa e non me ne faccio un cruccio. Semplicemente me ne faccio una ragione e mi accetto per quella che sono. Godendo dei pensieri felici che arrivano, così come delle lacrime che emergono dalle preoccupazioni.
Sapendo che ci saranno notti magiche e notti di fuoco.
Notti di fervore emotivo e notti di fervore da febbre.
Notti di amplessi e notti di gelo.
Non cercare di dormire quando non riesci, non cercare di anestetizzare l’emozione che ti attraversa e non annulla il pensiero quando arriva. Non potresti. Ma non farti nemmeno travolgere.
Lo sai già come funziona. Lasciati attraversare, cerca di contenere i danni, rinforzare gli argini, assecondare la piena. Non pensare che sarà tutto travolto e che certi notti dureranno per sempre trascinandoti via. Semplicemente passeranno e un nuovo giorno arriverà e le tue emozioni saranno metabolizzate, rivisitate, ridimensionate. Tutto avrà un senso e saprai far fronte a tutto. Semplicemente lasciando che sia.
Sapendo che la nostra vita sempre trova il suo equilibrio solo in quell’andare in altalena, che se ben vissuto, può essere anche divertente!
E le mie notti ipersensibili? Io le vivo così:
“Ci sono notti in cui il viaggio dentro me stessa diventa un volo al di fuori del tempo e al di fuori del mondo, un viaggio carico di persone, di dolci nostalgie, piacevoli ricordi. Un viaggio che regala una girandola di idee, progetti, nuovi respiri.
E in queste notti il tempo sembra sospeso, come a fissarsi dentro quelle emozioni, come se il tempo del mattino non esistesse più. Sono notti magiche, che riempiono il cuore e placano l’anima.
Sono notti di tempo esclusivo per me
Tempo di assoluto silenzio
Tempo di interiorità, calma, respiro profondo, pace.
Ma volte capita che il pensiero si arrovelli e la magia si trasforma in fatica. Le idee si accavallano, i progetti si confondo, le preoccupazioni aumentano. Le persone, lontane, dolci ricordi, si trasformano in ombre pesanti che mancano, come il respiro e la nostalgia diventa opprimente
Sono notti in cui il silenzio uccide
Come ad ingabbiarti all’interno di una dimensione parallela che frastorna.
Tempo di insonni, lenzuola arruffate, occhi sbarrati, inquietudine, dolore.
E ci sono quelle notti, quelle che solo chi è madre ha vissuto, quelle dei bambini che non lasciano respiro e ti inchiodano alla tortura del sonno.
Sono notti da incubo. Sono drammatiche. Non hanno nulla della fantasia meravigliosa delle maternità edulcorate e patinate dei giornali.
E a nulla vale l’avviso che presto questo tempo passerà.
Suona come un insulto alla fatica, attuale, pungente, immediata, potente che si vive adesso.
Non contano le parole. Non conta l’aiuto a distanza
Non conta il pensiero dei desiderata passati e delle aspettative disegnate.
Nulla conta. Solo il sonno. Solo il poter chiudere gli occhi e ricevere silenzio.
Questo solo servirebbe: braccia pronte ad aiutare e bocche chiuse.
E poi ci sono le notti della febbre. Delle vampate improvvise di calore e sudore a combattere virus e pensieri. Quelle trascorse a coprire brividi improvvisi di freddo, scongiurare le convulsioni, pulire vomiti e lacrime e tenere a bada le tossi violente che scuotono anche il cuore.
Sono le notti di chi cura, di chi accompagna e contiene figli e compagni, al di fuori della malattia
E ci sono le notti passate a scrivere, quelle in cui il fervore delle parole emerge prepotente e non mi dà tregua. Sono notti che adoro, io e il mio schermo, le parole che sgorgano veloci a raffica e i pensieri che corrono ancora più in là e le dita che non riescono a starci dietro.
Sono notti catartiche, intrise di emozioni potenti, guizzi di vita intensa che mi gettano tanto in profondità da non riuscire a riemergerne se non dopo ore.
Queste sono le mie notti.
Quelle che anelo
Quelle che mi tengono viva
Che mi ricaricano di energia e vita
Questa è stata una notte di quelle…”
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